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Caso ritmica, parla Kristina Ghiurova: “Fabriano mi ha cacciata, volevo continuare ad allenare Milena e Sofia ma me l’hanno impedito”
21 Settembre 2023
Nelle pedane nazionali e internazionali tutti la conoscono e tutti la ammirano. Anche se a lei non è mai piaciuto troppo apparire. Kristina Ghiurova, classe 1959, partecipò ai Mondiali negli anni Settanta con la nazionale bulgara. Poi arrivano il matrimonio e una nuova vita in Italia, a Fabriano, dove crea e coltiva un vivaio di ginnaste che vincono tutto quello che si può. Lei è figlia d’arte e la tradizione non poteva che continuare: sua figlia è Julieta Cantaluppi, campionessa senza rivali sia in pedana che, negli ultimi anni, a bordo pedana con le straordinarie vittorie internazionali delle atlete Milena Baldassarri e Sofia Raffaeli.
Come anticipato da La Stampa, a pochi mesi dalle Olimpiadi di Parigi Julieta Cantaluppi ha deciso di trasferirsi in Israele, dove proprio in questi giorni ha iniziato gli allenamenti con la squadra juniores. Tutti gli appassionati di questo sport si chiedono, ma come mai?
«Perché mia figlia ha lasciato la Nazionale per andare in Israele non posso dirlo io al posto suo. Non c’è un solo motivo e la Federazione non poteva fare niente per trattenerla, è una decisione che è maturata nel tempo. Se devo dire la mia, questo non era il momento giusto. Manca poco alle Olimpiadi, le ragazze senza di noi sono sole».
Nemmeno lei è più a bordo pedana con le ragazze?
«Sei mesi fa sono stata cacciata dalla ginnastica Fabriano. Ho subito un’operazione al seno per un tumore, ma ora sto bene. Anche se non si può mai dire come andrà in futuro. Quando ho saputo da Julieta che per il suo futuro aveva deciso diversamente, sapevo di non poter lasciare Milena e Sofia sole. Mi sono subito offera di tornare in palestra, ma mi è stato vietato dalla direttrice tecnica. Assolutamente no, non avrei potuto allenare io le ragazze. Dopo una vita che a Fabriano mi occupo di tutto, dopo che questa società l’ho creata io».
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Ma allora chi sta preparando per le Olimpiadi Sofia Raffaeli e Milena Baldassarri?
«Sono in palestra con Claudia Mancinelli, che non è mai stata una mia allieva, non conosce le ragazze. Sarà arrivata a Fabriano da un mese, un mese e mezzo. Non conosce le ginnaste, né ha l’esperienza necessaria per prepararle per le Olimpiadi. Anche io vorrei tanto cantare alla Scala, ma so di non poterlo fare. Non so se mi spiego, ma niente si inventa».
Lei è a Fabriano da tutta la vita. Solo lo scorso anno, per il suo compleanno, direttivo, ginnaste e società tutta le scrivevano con un post su Facebook “Buon Compleanno a colei che senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile. La roccia sui cui poggia la fucina di talenti fabrianese”. Come può essere finita cosi male?
«Alla società di Fabriano ho dedicato la mia vita, l’ho creata io. Non sono una presuntuosa, non penso di essere la migliore. Ogni complimento mi mette in imbarazzo, non ho mai amato le premiazioni. Davanti c’era Julie, io sempre dietro a lei, ma sempre presente. Questo è un lavoro che si fa in collaborazione. Dopo tanti anni mi hanno cacciata via in malo modo, senza contributi, senza una pensione. Mi hanno detto che io un contratto non l’ho mai avuto e non posso chiedere nulla. Ma non sono una che si arrende, non l’ho mai fatto e non lo farò questa volta».
Le manca la quotidianità della palestra?
«Sono sempre in palestra, per lavorare non ho bisogno di una società, mi stanno già chiamando in tutta Italia per lezioni e masterclass».
Cosa ne pensa del caso delle denunce per abusi che ha colpito la ritmica, partito dalle accuse di Anna Basta e Nina Corradini a Emanuela Maccarani e alle allenatrici dell’Accademia di Desio?
«Io il libro di Nina non l’ho letto. In palestra si urla? Sì, urlo anche io. Ma le ragazze si devono sentire accolte, benvolute. Sapevo delle diete, del controllo del peso. E conosco benissimo i pericoli delle diete e del controllo negli anni dell’adolescenza. Ogni ginnasta sa che deve essere “a posto” con il fisico, fa parte del lavoro. Non si può negare, nel nostro mondo l’estetica conta. Conta tanto, purtroppo».